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Il Borgo rurale di Marcatobianco

Il borgo rurale di Marcatobianco

Màrcatobianco, nonostante situato a ridosso del centro abitato del comune di Alia, fa parte del territorio di Castronovo di Sicilia (Pa), di cui dista 11,42 chilometri. La piccola comunità, costituita da una decina di famiglie, ha saputo mantenere nel tempo una forte identità, elemento di successo e di aggregazione. La frazione o località di Màrcatobianco, conta 113 abitanti e si trova a 645 m s.l.m.

L’antropizzazione del feudo si fa risalire agli inizi del primo secolo, infatti, nei pressi dell’attuale centro abitato, dall’esame di un enorme materiale fittile, è possibile risalire alla presenza di una fattoria romana.

Storia di Marcatobianco

Nei primi dell’XI secolo Màrcatobianco era chiamato feudo di Bonifato, feudum Bonifato, sembra, infatti, che tale nome derivi dal Gaito, Aly-El-Bonìfati, che esercitava nell’intero territorio aliese il ruolo di governatore locale con il compito di riscuotere le tasse e praticare la giustizia.

Il primo riferimento storico del casale “Bonifato”, oggi Màrcatobianco ci perviene da un documento del 1176 e nel 1396 è registrato come feudo. Successivamente, finita la dominazione musulmana, il feudo di Bonifato fu sostituito con il nome Màrcatu Blancu; sembrerebbe che la denominazione Marcatu, derivi dal luogo dove venivano ammassati gli animali per la pratica di mungitura e ricovero, mentre la seconda parte del nome, cioè Blancu, dal colore chiaro dei terreni diffusi nel medesimo territorio. E’ da ritenere, che Blancu possa intendersi anche, come la concessione a titolo gratuito dell’utilizzo del Màrcatu del signore locale.

Il feudo di Marcatobianco

Il primo cenno storico del possesso del feudo di Màrcatobianco è ascritto ad un certo Francesco Valguarnera, la cui famiglia lo tenne in possesso fino agli inizi del 1600. Ad acquistare il fondo da Annibale e Vincenzo Valguarnera fu Angelo Gorfino un genovese che il 18 dicembre del 1607 lo cedette al proprio nipote Angelo Gorfino, proprietà che fu tenuta dalla medesima famiglia fino al 1745.

Successivamente, fino al 1849 Màrcatobianco fu posseduto dai signori: Nicola Incandiola, Antonio Maria e Giovarmi Spinotto, Michele Lanza Morello, Corrado Lanza Parisi e Michele Lanza Parisi.

Una storia di lacrime e sangue

 

Agli inizi del secolo XX il Feudo di Màrcatobianco risulta in possesso del notaio Agostino Guccione, il quale lasciò la proprietà ai quattro figli Giuseppe, Damiano, Stefano e Antonino. La proprietà di Stefano andò alla figlia Iolanda insieme a quella del fratello Antonino che era senza eredi; la ragazza, nonostante il diniego dei genitori, sposò un certo Albergamo, un funzionario addetto alla riscossione delle tasse. La negazione del matrimonio da parte della famiglia Guccione era dovuta al fatto che Albegamo, oltre ad essere di ceto sociale inferiore, aveva anche disturbi psichici, tanto da causare una sciagura nella famiglia Guccione.

Successivamente ad una serie di tentavi da parte dell’Albergamo di ricevere in donazione il feudo di Màrcatobianco ed il rifiuto da parte dei legittimi proprietari, una mattina, per vendetta uccise la propria moglie, la quale era anche incinta, nonché la zia, moglie di Antonio, la quale, essendo senza figli, aveva riversato il suo istinto materno alla cara nipote.

L’Albergamo, successivamente al grave omicidio, si toglierà anche lui la vita, ma morirà solo dopo due ore.

L’omicida verrà riconosciuto mentalmente malato dopo 15 armi di processo; il feudo però fu ereditato dai fratelli dell’Albergamo, in quanto essendo morto dopo la moglie, anche se solo di due ore, in quel frangente rappresentava l’unico legittimario della proprietà della moglie Iolanda, così, per i signori di Màrcatobianco, al danno si aggiunse anche la beffa.

Successivamente, gli eredi di Giuseppe e Damiano Guccione vendettero parte della proprietà del feudo, ciò consentirà a diversi mezzadri di diventare legittimi proprietari della terra che da sempre avevano coltivato.

Per tanto tempo la casa padronale dei Guccione di Màrcatobianco, in ricordo del tragico fatto, venne soprannominata dalla popolazione locale, “casa di la disgrazia”. I contadini del luogo raccontano anche che nelle notti di luna piena si vede girare per le strade del villaggio il fantasma della bella Iolanda che implorava aiuto per lei e per il suo bambino.

Vita sociale ed economica di Marcatobianco

Màrcatobianco fino agli anni ’30 era una zona malarica. Diverse persone contrassero la malattia e qualcuno ci rimise perfino la vita. Il focolaio d’infezione era causato dall’attuale sorgente che sgorga nella zona sottostante il centro abitato, oggi fortunatamente ripristinato a bevaio.

Màrcatobianco, oltre alla casa padronale dei Guccione, oggi in possesso della famiglia Tripi, ha una chiesa parrocchiale, che nel tempo è stata ingrandita per rispondere alle nuove esigenze della popolazione.

Fino a qualche tempo addietro, entrando a destra del paese, si ergeva una grande stalla, mentre i rimanenti fabbricati venivano dati in concessione ai mezzadri. La curiosità di questo luogo è la mancanza di un cimitero. La popolazione di Màrcatobianco, fino a qualche trentennio addietro, aveva escogitato il sistema di mettere sopra i muli le persone morte e farli incamminare verso il paese di Alia, dichiarando che il povero sventurato era deceduto nel territorio dello stesso comune, avendo così assicurata la sepoltura nel medesimo centro.

Vicino all’attuale casa detta du Zu Bustinu, oramai abbandonata, si ergeva la panetteria che quotidianamente serviva a preparare il pane per l’intero villaggio.

La stazione di Màrcatobianco fu voluta ed ottenuta dal notaio Giuseppe Guccione, ciò per favorire il trasporto dell’enorme quantità di derrate che venivano prodotti nel suo feudo di Màrcatobianco, ma consentiva anche al bracciantato locale di spostarsi agevolmente, specie nella stagione di raccolta quando il numero di lavoratori era esorbitante. Per tale risultato al Guccione gli fu affibbiato il titolo di “baruneddu”. Nella parte inferiore della chiesa esisteva “u firrìatu” una sorta di orto padronale che produceva ogni ben di Dio. Ciliegie, albicocche, prugne, mele, pere, olive, vite, ecc. e tante altre piante ortive che consentivano di sfamare, non solo i Guccione, ma anche le famiglie dei mezzadri.

L’asse viario principale è costituito dal Corso Roma da cui si dipartono verticalmente delle piccole strade e due grandi slarghi, il primo dove si trova la Chiesa parrocchiale ed un altro qualche decina di metri più avanti. La chiesa è prospiciente alla piazza principale, abbellita da una serie di aiuole, è dedicata al SS. Crocifisso; è ad unica navata con semplici decorazioni. Nelle piccole nicchie incastonate ai muri perimetrali sono alloggiati: S. Giuseppe, S. Rosalia e il Beato Padre Pio.

Feste di Marcatobianco

La festa principale è dedicata al SS. Crocifisso e si svolge la terza domenica di maggio. Nella mattinata è celebrata la S. Messa solenne, mentre nel pomeriggio ha inizio la pro¬cessione. Fino ad un decennio addietro la processione si svolgeva di mattina. Il miracoloso Crocifisso posto su di una “vara” è portato a spalla dalla confraternita in un luogo denominato cozzu du Signuri. Il sacerdote viene fatto salire sulla “vara” e, quindi, alzato a spalla dalla confraternita. A questo punto, dopo una preghiera, il prelato benedice i fedeli e la campagna nella speranza di ottenere un buon raccolto. Naturalmente il suono della banda e lo scoppiettio dei giochi d’artificio assicura alla giornata la festosità. Fino a qual che anno addietro venivano offerti ai devoti ceci e carne di capretto.